La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23205 del 31 luglio 2023, ha affermato che il principio di irriducibilità della retribuzione si estende alla sola retribuzione compensativa delle qualità professionali intrinseche essenziali delle mansioni assegnate al lavoratore e non anche a quelle componenti della stessa erogate per compensare particolari modalità della prestazione o connesse a specifici disagi o difficoltà.
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La vicenda esaminata dalla Suprema Corte
La pronuncia della Suprema Corte prende le mosse dalla richiesta di risarcimento danni presentata da un lavoratore che, a fronte della decisione datoriale di modificare le sue mansioni, non aveva conservato alcuni fringe benefit connessi all’espletamento delle precedenti mansioni (tra cui, l’auto aziendale e la carta carburante).
La Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda di condanna al risarcimento del danno.
Il giudice di appello, inoltre, riteneva non applicabile il principio di irriducibilità della retribuzione in quanto i benefit in questione non erano compresi nella nozione di retribuzione compensativa della prestazione e perciò irriducibile.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di cassazione, rigettando il ricorso del lavoratore, ha rilevato come, secondo costante orientamento giurisprudenziale, il livello retributivo acquisito dal lavoratore subordinato – per il quale opera la garanzia della irriducibilità della retribuzione ex art. 2103 c.c. -, deve essere sì determinato con il computo della totalità dei compensi corrispettivi erogati, ma tenendo conto delle qualità professionali intrinseche alle mansioni del lavoratore, attinenti, cioè, alla professionalità tipica della qualifica rivestita.
I trattamenti di miglior favore costituiscono componenti aggiuntive ai minimi tabellari e non sono coperti dalla tutela di cui all’art. 36 della Costituzione in tema di proporzionalità della retribuzione; di conseguenza, la loro eliminazione non è in contrasto con il principio di irriducibilità della retribuzione di cui all’art. 2103 c.c.
Atteso quanto sopra, secondo la pronuncia di legittimità, il principio in esame non si estende ai compensi:
- erogati in ragione delle particolari modalità di svolgimento della prestazione lavorativa o;
- collegati a specifici disagi o difficoltà insiti nella prestazione assegnata al lavoratore.
Tali compensi, infatti, non spettano allorché vengano meno le situazioni cui erano collegati.
Secondo la Suprema Corte, pertanto, il principio di irriducibilità della retribuzione deve essere coordinato con il legittimo esercizio dello “ius variandi” da parte del datore di lavoro. In tal caso, la garanzia della irriducibilità della retribuzione riguarda solo i compensi erogati tenendo conto delle qualità professionali intrinseche alle mansioni del lavoratore ed alla qualifica dallo stesso rivestita, ma non a quelle componenti erogate per compensare, come detto, particolari modalità della prestazione lavorativa.
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