Decreto Agricoltura: significative modifiche in sede di conversione
Il Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Decreto Agricoltura) è entrato in vigore il 16 maggio 2024 e contiene disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale. Il provvedimento è stato convertito per mezzo della Legge 12 luglio 2024, n. 101, la quale ha altresì modificato alcune disposizioni del decreto-legge in parola. In particolare, la legge di conversione ha introdotto il nuovo articolo 5, comma 2-bis, il quale stabilisce una durata minima ai contratti di concessione dei diritti di superficie, inclusi soprattutto i preliminari, i quali non potranno produrre i loro effetti per meno di sei anni, decorsi i quali i contratti saranno rinnovati per un periodo di ulteriori sei anni.
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L’ambito soggettivo della nuova disposizione: le c.d. aree idonee ex art. articolo 20, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199
Il nuovo articolo 5, comma 2-bis del Decreto Agricoltura non si applicherà a tutti i contratti di concessione di diritti di superficie, ma solo a quelli ricadenti sulle c.d. aree idonee ex articolo 20, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199.
Le aree idonee sono quelle aree che, per le loro caratteristiche (ad esempio poiché soggette a recente bonifica o poiché si tratta di siti ove sono già installati impianti della stessa fonte e in cui vengono realizzati interventi di modifica non sostanziale), possono essere oggetto di un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti da fonti rinnovabili. La loro individuazione è lasciata alle Regioni, che avranno fino 30 dicembre 2024 per tale scopo.
I contratti che riguardano gli impianti realizzati su aree diverse da quelle idonee non saranno dunque soggetti alla disposizione in commento e i relativi contratti potranno avere una durata liberamente stabilita dalle parti.
La previsione normativa in commento: il suo contenuto.
Premesso l’ambito soggettivo, si prova di seguito ad offrire una prima lettura della disposizione in parola che, tuttavia, non è di facile esegesi.
L’articolo 5, comma 2-bis del Decreto Agricoltura introduce una durata minima (di sei anni) ai contratti (anche preliminari) di concessione di diritti di superficie ricadenti nelle c.d. aree idonee e destinati all’installazione di impianti da fonti rinnovabili.
I contratti non potranno dunque avere una durata inferiore a sei anni. La norma continua precisando che, se le parti hanno stabilito in sei anni la durata del contratto (o la durata viene automaticamente convertita in sei anni), alla scadenza si applicherà un rinnovo automatico per un ulteriore periodo di sei anni (si avrà un contratto 6+6).
Successivamente alla seconda scadenza, salva diversa disposizione pattizia, sarà libertà delle parti decidere se rinnovare il contratto per un ulteriore periodo di sei anni o, alternativamente, rinunciare al rinnovo. Il rinnovo alla seconda scadenza per un ulteriore termine di sei anni potrebbe essere anche tacito, laddove non venga trasmessa alla controparte alcuna comunicazione manifestante la volontà di rinunciare al rinnovo.
Conseguenze per i contratti in essere e per i contratti futuri
A seguito dell’introduzione del nuovo testo normativo, per i contratti di concessione dei diritti di superficie che in futuro verranno pattuiti tra le imprese e i proprietari di un fondo rientrante nella categoria di area idonea:
- se le parti avranno pattuito una durata inferiore a sei anni o addirittura senza determinazione di tempo, la durata del contratto si intenderà automaticamente convenuta per sei anni, con rinnovo automatico per altri sei anni.
- se le parti stipuleranno una durata superiore a sei anni, sarà salvo il maggior termine pattuito.
Cosa succede invece ai contratti attualmente in vigore tra le parti?
In chiusura, la norma in esame chiarisce come la disposizione in parola, ed il conseguente termine minimo di sei anni soggetto a rinnovo automatico, si applicherà a tutti i contratti non ancora scaduti (i.e., in vigore tra le parti) fatta salva la facoltà di recesso da esercitare nel termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (termine, invero, ormai spirato).
Dunque, per i contratti attualmente in vigore tra le parti:
- se per questi era stato pattuito un termine di durata inferiore a sei anni o addirittura non è pattuito alcun termine, si intenderà automaticamente convertito in sei anni, con rinnovo automatico alla scadenza per ulteriori sei anni;
- se per questi era stato pattuito un termine di durata superiore a sei anni, tale maggior termine sarà salvo.
Possibili profili di inapplicabilità ai contratti preliminari
La norma in commento crea numerose perplessità laddove impone il termine minimo di sei anni ai contratti preliminari, strumento, nella prassi, di durata decisamente inferiore.
Se il dettato letterale sembra indiscutibile nell’applicare il termine minimo anche ai contratti preliminari, esiste una conflittualità normativa che rende la norma in parola potenzialmente inapplicabile a quest’ultimi. Si tratta, in particolare, del terzo comma dell’articolo 2645-bis c.c., il quale disciplina la durata della trascrizione del preliminare.
La trascrizione del preliminare ha una durata massima di tre anni, e in nessun modo, secondo il nostro ordinamento, può essere estesa oltre tale termine. Ciò comporterebbe che i preliminari inerenti alle costituzioni di diritti di superficie su aree idonee sarebbero necessariamente privi della tutela della trascrizione oltre il terzo anno.
Siffatto contrasto normativo potrebbe portare a ritenere non applicabile il nuovo comma 2-bis dell’articolo 5 ai contratti preliminari.
Inoltre, anche da un punto di vista pratico, un contratto preliminare cessa di svolgere la sua funzione laddove viene stipulato il connesso definitivo. Se, dunque, il definitivo venisse stipulato prima della scadenza dei sei mesi, il preliminare potrebbe ritenersi risolto automaticamente per il venir meno della sua funzione ultima, ossia della sua causa.