Piani di incentivazione ed exit del personale chiave della società target
In ambito private equity e venture capital, i piani di incentivazione per il personale chiave (key men) rivestono un ruolo strategico, finalizzati ad allineare gli interessi di queste figure con quelli degli investitori. Tali piani prevedono spesso la possibilità per i key men di acquistare o sottoscrivere partecipazioni del capitale della società dove lavorano.
Un tema centrale riguarda la gestione dell’uscita dalle compagini sociali di quei soci che cessano il rapporto di lavoro: come tutelare l’investitore di maggioranza e garantire la riallocazione delle partecipazioni?
L’ordinanza n. 18891/2024 della Cassazione si è pronunciata sulla legittimità e validità di una clausola statutaria di una Srl, volta a regolare i meccanismi di exit della compagine sociale dei key men cessati dal proprio impiego.
In particolare, la clausola prevedeva che, al momento della cessazione dell’attività lavorativa svolta presso la Srl, i soci ex dipendenti e detentori di una quota di partecipazione minoritaria, fossero obbligati a cedere la propria quota agli altri soci a un prezzo pari al patrimonio netto corrispondente.
La pronuncia valorizza l’autonomia statutaria nel disciplinare l’uscita dei key men, confermando la validità di clausole che tutelano l’interesse dell’investitore (spesso socio di maggioranza) a mantenere il controllo del capitale e a garantire la riallocazione delle partecipazioni in capo ai soggetti strategici per la crescita della società.
La cessione di partecipazioni a prezzo simbolico
La determinazione del prezzo in una cessione di partecipazioni societarie è un tema complesso e molto discusso, soprattutto quando si parla di prezzi simbolici o molto inferiori al valore di mercato.
Nel sistema giuridico italiano, il principio di autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c. riconosce alle parti la libertà di determinare prezzo e contenuto dei contratti. Tale autonomia è ulteriormente confermata anche dall’art. 1474 c.c., che prevede la possibilità di stabilire un prezzo diverso dal valore di mercato, anche simbolico o “vile”.
Prezzo vile vs prezzo simbolico
- Prezzo vile: reale ma inferiore al valore di mercato, manifestazione di un trasferimento oneroso.
- Prezzo simbolico: meramente apparente, che potrebbe far dubitare della presenza di un’effettiva causa onerosa.
In particolare, nelle cessioni di quote societarie, il prezzo può assumere un ruolo meno centrale rispetto alla compravendita di beni materiali. La giurisprudenza riconosce che il prezzo può essere simbolico, anche pari ad un euro, soprattutto se giustificato da situazioni economiche concrete, come l’assunzione da parte dell’acquirente di debiti o obblighi rilevanti.
Delibere negative impugnabili? La Cassazione apre nuovi scenari
Il giudice può annullare una delibera negativa illegittima e ordinare la riconvocazione dell’assemblea per riesaminare la proposta. Tuttavia, questa tutela può risultare inefficace se l’assemblea si limita a ripetere la stessa decisione irregolare, con conseguente rischio di stallo.
Per superare questo problema, è possibile chiedere al giudice anche l’accertamento della delibera positiva che sarebbe stata adottata se non si fossero conteggiati voti illegittimi (ad esempio, di soci in conflitto di interessi o che hanno abusato del diritto di voto). In questo caso, il giudice non sostituisce la volontà dell’assemblea, ma ne dichiara la volontà reale, depurata da voti irregolari, con effetto retroattivo. Tale impostazione assicura una tutela paritaria rispetto alle delibere positive e negative, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e accesso alla giustizia (artt. 3 e 24 Cost.).
La giurisprudenza, tuttavia, esclude che il giudice possa sostituirsi in senso ampio alla volontà della maggioranza, limitandosi a ripristinare la volontà assembleare effettiva.
Clausola “simul stabunt simul cadent” applicabile anche al Consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico
Con l’ordinanza n. 14268/2025, la Cassazione estende l’applicazione della clausola simul stabunt simul cadent anche al Consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico, se previsto dallo statuto, pur in assenza di un espresso richiamo normativo.
Il caso: tre membri del Consiglio di sorveglianza sono stati revocati senza giusta causa; un quarto consigliere è decaduto in virtù della clausola statutaria. La Corte ha escluso il risarcimento in suo favore, chiarendo che tale cessazione non equivale a una revoca senza giusta causa.
La clausola ha la funzione di preservare l’equilibrio complessivo e la coesione interna dell’organo collegiale, ed è compatibile con il funzionamento delle società per azioni anche nel sistema duale.
La Corte ha respinto l’argomento secondo cui tale clausola sarebbe nulla per mancata previsione nell’art. 2409-duodecies c.c., ribadendo invece che la sua applicazione è ammissibile anche in assenza di un esplicito rinvio normativo, purché statutariamente prevista.
D.lgs 88/2025: nuove regole più flessibili per le scissioni con scorporo
Il Dlgs 88/2025, in vigore dall’8 luglio 2025, introduce importanti chiarimenti e semplificazioni alla normativa sulle operazioni di trasformazione, fusione e scissione, con particolare riferimento alla scissione con scorporo.
Tra le principali novità:
- La scissione mediante scorporo può ora riguardare anche il trasferimento dell’intero patrimonio di una società a una o più società beneficiarie, con l’attribuzione alla società scissa di azioni o quote delle beneficiarie, che ne diventano così partecipate.
- Diversamente dalla scissione totale (che estingue la società scissa), nella scissione con scorporo totale la società scorporata continua a esistere, modificando però il proprio oggetto sociale e diventando una holding che detiene partecipazioni nelle società beneficiarie.
- Lo scorporo non è più limitato alla costituzione di nuove società: può essere effettuato anche a favore di società già esistenti.