Sai cos’è la clausola “simul stabunt simul cadent“?
La “simul stabunt simul cadent” è una clausola statutaria secondo la quale il venir meno di un amministratore, per qualsiasi causa, fa decadere tutto il consiglio di amministrazione. L’inserimento della clausola in statuto, seppur oggi non più molto frequente, è pienamente valido ed efficace, come hanno più volte ricordato la giurisprudenza ed il notariato.
Qual è lo scopo della “simul stabunt simul cadent”?
La clausola è volta a perseguire finalità lecite e meritevoli di tutela, fra le quali mantenere costanti gli equilibri interni all’organo gestorio, favorendone la coesione, in quanto ciascun amministratore è consapevole che le dimissioni anche di un solo di essi determinano la decadenza dell’intero consiglio ed egli stesso potrebbe, allo stesso modo, contribuire a quella decadenza, quando in disaccordo con gli altri.
Attenzione all’uso strumentale
La simul stabunt simul cadent, tuttavia, può prestarsi ad uso abusivo e strumentale qualora, in violazione al generale principio di buona fede ex art. 1375 c.c., le dimissioni di uno o più amministratori siano state dettate unicamente o prevalentemente dallo scopo di eliminare componenti sgraditi, in assenza di giusta causa, eludendo l’obbligo di pagamento degli emolumenti residui e del risarcimento previsto in caso di revoca senza giusta causa. In tale ipotesi il risultato ottenuto in via indiretta, di estromettere uno o più consiglieri “a costo zero”, può determinare l’obbligo di risarcire i componenti revocati senza giusta causa.
Come deve comportarsi la società in caso di un’eventuale controversia?
Le recenti sentenze del Tribunale di Milano hanno specificato che la prova dell’abuso della clausola grava sull’ex amministratore che agisce in giudizio. L’utilizzo pretestuoso e contrario a buona fede di tale clausola richiede, infatti, una rigorosa dimostrazione dell’illecita condotta altrui.
Non basterà, affermano i giudici, far riferimento all’assenza di motivazione delle dimissioni, trattandosi di un atto ampiamente discrezionale. Il Tribunale sottolinea infatti che l’accettazione dell’incarico comporta l’implicita adesione alle clausole dello statuto e, di conseguenza, l’accettazione dell’eventuale decadenza dell’intero consiglio se viene meno uno dei componenti.
Dunque, nel caso di un eventuale giudizio l’onere probatorio sarà interamente a carico dell’ex amministratore mentre la società potrà difendersi dimostrando che la clausola è stata esercitata in buona fede e conformemente allo statuto.
Come agire in via preventiva?
Una soluzione percorribile potrebbe essere quella di inserire in statuto delle clausole che regolamentano la revoca degli amministratori.