Quando il socio ha diritto al recesso?
Gli artt. 2437 e 2473 c.c., rispettivamente previsti in materia di S.p.A. e di S.r.l., dettano alcune cause legali – derogabili e inderogabili – di recesso del socio; in aggiunta alle predette, come noto, l’autonomia statutaria può prevedere ulteriori ipotesi di recesso. A riguardo, ai sensi dell’art. 2437, co. 1, c.c. hanno diritto di recedere, inter alia, i soci che non abbiano concorso alle deliberazioni riguardanti le modifiche dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione. Tale previsione ha dato luogo a differenti ricostruzioni con riguardo alla nozione e all’estensione dei concetti di “diritti di voto” e “diritti di partecipazione” e al rapporto tra gli stessi.
Il caso
La fattispecie all’esame della recentissima sentenza del Tribunale di Venezia ha ad oggetto la verifica della legittimità del recesso esercitato da un socio che non aveva concorso alla delibera assembleare modificativa dello statuto che aveva ristretto la facoltà dei soci di delegare terzi a partecipare e votare in assemblea (limitandola, per le persone fisiche, al solo ambito familiare, e per le società socie, ai soli soci della medesima).
Il socio dissenziente contestava, dunque, una restrizione della possibilità di delega che, in quanto modificativa del diritto di voto o di partecipazione, avrebbe legittimato, ai sensi dello statuto societario e del dettato normativo dell’articolo 2437 c.c., il recesso dei soci non concorrenti alla deliberazione medesima.
La decisione del tribunale
Il Tribunale di Venezia, nel rigettare il ricorso del socio dissenziente, in primo luogo ha specificato che per “diritti di partecipazione” devono intendersi unicamente quelli di carattere economico e non, come affermava il socio, quelli di partecipazione all’amministrazione della società e, in definitiva, ha statuito che “la modificazione statutaria della facoltà riconosciuta al socio di conferire delega a terzi per partecipare all’assemblea dei soci ed ivi esercitare il diritto di voto non concerne in sé il riconoscimento del diritto di voto stesso riconnesso alla qualifica di socio, ma inerisce esclusivamente ad una modificazione delle facoltà e del diritto di farsi rappresentare in assemblea, cosa in sé diversa dal riconoscimento del diritto di voto”.
Pertanto, laddove, una deliberazione assembleare porti ad una modifica delle concrete modalità di esercizio del diritto di voto, senza per questo mutare il diritto di voto stesso, non sussiste il diritto di recesso del socio dissenziente. Infatti il socio, nonostante detta modificazione statutaria, continua a godere del medesimo diritto di voto detenuto in precedenza, che non è intaccato né direttamente né indirettamente dalla predetta modifica.
Preferibile un’interpretazione restrittiva della disciplina del recesso
l Tribunale di Venezia, richiamandosi ad illustri precedenti di Cassazione, esplicita la preferenza per un’interpretazione restrittiva della disciplina del recesso, al fine di contemperare la tutela del socio con l’interesse conservativo della società e del patrimonio sociale.
Depongono in tal senso, specificano i giudicanti, da un lato, l’esigenza di certezza funzionale al buon andamento della società, che deve essere posta in condizione di conoscere preliminarmente quali modificazioni statutarie faranno scaturire il diritto di recesso del socio e, dall’altro lato, il rischio che una lettura in senso ampio estenda in via indeterminata le possibili ipotesi di recesso.
Quanto sopra, peraltro, conclude il Tribunale, si può ricavare anche da una disamina degli artt. 2437 e 2473 c.c. i quali, espressamente riconoscendo allo statuto la possibilità di prevedere ulteriori cause di recesso, non potranno certamente essere letti in senso estensivo con riferimento alle ipotesi di recesso esplicitamente normate.