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Decreto Internazionalizzazione (D.Lgs. 27.12.2023 n. 209) – Le principali novità fiscali

Premessa

Il Decreto Legislativo 27.12.2023 n. 209 (di seguito “Decreto”), in attuazione della legge delega di riforma del sistema fiscale, è stato pubblicato sulla G.U. 28.12.2023 n. 301 ed è entrato in vigore il giorno successivo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (pertanto dal 29.12.2023). Si tratta di un intervento normativo che dà attuazione all’art. 3 della Legge n. 111 del 2023 (di seguito, la “Legge Delega”) recante i princìpi e criteri direttivi di delega per la riforma del sistema fiscale con riferimento agli aspetti internazionali e sovranazionali del sistema tributario. Di seguito vengono analizzate le principali novità.

Art. 1 – Residenza delle persone fisiche

Il Decreto modifica l’art. 2, co. 2, del TUIR in tema di residenza fiscale delle persone fisiche ai fini delle imposte sui redditi. A decorrere dal 1° gennaio 2024 si considerano residenti le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del Codice civile o il domicilio, o sono fisicamente presenti nel territorio dello Stato.
Con riferimento al criterio della residenza, resta quindi fermo il rinvio al Codice civile e, dunque, a rilevare è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Il domicilio è, invece, individuato per espressa previsione della norma modificatrice nel luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Tale definizione dà preminenza ai legami personali rispetto alle relazioni economiche e patrimoniali.
Oltre ai criteri sopra indicati, continua altresì a rilevare ai fini della residenza fiscale l’iscrizione per la maggior parte del periodo d’imposta nelle anagrafi della popolazione residente che tuttavia da presunzione assoluta diventa ora una presunzione relativa, consentendo quindi di fornire prova contraria.
I criteri evidenziati devono essere verificati per un numero di giorni complessivi superiore alla maggior parte del periodo d’imposta, dovendo considerarsi nel calcolo anche le frazioni di giorno.

Art. 2 – Residenza delle società e degli enti

Il Decreto ha apportato novità anche in materia di residenza fiscale delle persone giuridiche ai fini dell’IRES (art. 73 del TUIR). Le nuove disposizioni, introdotte dall’art. 2, si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del Decreto (i.e., 2024 per i soggetti “solari”).
In seguito alle modifiche, si considerano residenti in Italia le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato, alternativamente:

  • la propria sede legale;
  • la sede di direzione effettiva (già richiamato a livello OCSE con l’espressione place of effective management) intendendosi la sede dove viene esercitata la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso;
  • la gestione ordinaria in via principale, intesa come la sede dove viene esercitato il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.

L’obiettivo perseguito è di assicurare maggiore certezza giuridica, tenendo anche conto delle prassi internazionali nonché dei criteri per la definizione della residenza previsti dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

Come precisato dalla Relazione Illustrativa, le attività di supervisione e monitoraggio della gestione da parte dei soci non rientrano invece né nella direzione effettiva né nella gestione ordinaria in via principale, e non sono quindi idonee di per sé a radicare la residenza fiscale in Italia.
Le modifiche introdotte dal Decreto hanno effetto anche per le società di persone e le associazioni nonché per i trust, applicandosi ad essi i medesimi criteri di collegamento con il territorio dello Stato previsti per le società e gli enti.

Art. 3 – Semplificazione della disciplina delle società controllate estere

In ottica di semplificazione della disciplina CFC (“Controlled Foreign Companies”) prevista dall’art. 167 del TUIR, il Decreto ha previsto – per le sole controllate con bilancio certificato – una nuova modalità di calcolo della tassazione effettiva della controllata estera ancorata, esclusivamente, ai dati del bilancio di esercizio.
Nel dettaglio, la semplificazione trova applicazione solo qualora il bilancio della società controllata estera sia assoggettato a revisione e certificazione da parte di operatori professionali che risultano a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione. Il prerequisito della certificazione del bilancio estero risponde alla necessità di garantire una minima affidabilità delle risultanze contabili della società estera. Inoltre, l’utilizzo dei bilanci certificati della controllata estera avviene sotto la responsabilità della società controllante residente.

Per effetto delle modifiche introdotte, in caso di partecipata estera con bilancio certificato la disciplina CFC trova applicazione al verificarsi, congiunto, delle seguenti due condizioni:
• Tassazione effettiva estera inferiore al 15%;
• Passive income test: almeno 1/3 dei proventi realizzati rientri in una o più delle categorie che ricomprendono i cosiddetti passive income (ad esempio, interessi, canoni, dividendi, redditi da leasing finanziario, etc.).

Ai fini di cui sopra, la tassazione effettiva estera è determinata come rapporto tra: (i) somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte a bilancio e (ii) utile ante imposte dell’esercizio come risultante dal medesimo bilancio.

Proseguendo, in ottica di coordinamento con le nuove disposizioni in materia di Global Minimum Tax (di cui all’art. 8 e s.s. del Decreto), il nuovo testo dell’art. 167 prevede che ai fini della verifica del requisito della tassazione effettiva nello Stato della controllata estera, occorre considerare anche l’imposta minima nazionale equivalente dovuta dal soggetto controllato non residente.

Infine, sempre con riferimento alle sole società controllate estere con bilancio certificato, il Decreto introduce la possibilità di optare per l’applicazione e il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio, calcolato senza tenere in considerazione le imposte, le svalutazioni di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi (c.d. “Regime facoltativo”).
Tale opzione, qualora esercitata, ha durata per 3 esercizi ed è irrevocabile. Al termine del triennio (e di ciascun triennio successivo), l’opzione si intende tacitamente rinnovata a meno che non sia revocata secondo le modalità e i termini previsti per la comunicazione dell’opzione (da stabilirsi con Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate).
Qualora esercitata, l’opzione trova applicazione nei confronti di tutti i soggetti controllati non residenti che superano la soglia di 1/3 dei passive income senza necessità di calcolare i tax rate contabili o effettivi (secondo un principio di “all-in all-out”).

Resta inteso che qualora il bilancio di esercizio della società controllata estera non sia certificato, o qualora la tassazione effettiva determinata secondo la sopra citata procedura semplificata risulti inferiore al 15% (e la controllante non abbia optato per l’applicazione del Regime facoltativo), la determinazione della tassazione effettiva estera dovrà essere effettuata in modo analitico, secondo le modalità che saranno stabilite da un emanando Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. In tali casi, la controllata estera sarà soggetta all’ordinario regime CFC (con imputazione per trasparenza del reddito alla controllante nazionale) se la tassazione effettiva così determinata risulterà inferiore alla metà di quella virtuale cui la stessa sarebbe soggetta qualora residente in Italia.
La disposizione in commento trova applicazione a partire dall’esercizio successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto (pertanto a partire dal 2024, per le società con esercizio coincidente all’anno solare).

Art. 6 – Trasferimento in Italia di attività economiche

L’articolo in commento introduce un regime agevolato per il trasferimento in Italia di attività economiche esercitate in forma associata precedentemente svolte in uno Stato estero (non appartenente a UE o SEE). La disposizione è rivolta ai titolari di reddito d’impresa, lavoro autonomo nonché alle attività d’impresa esercitate da società appartenenti al medesimo gruppo.
L’agevolazione prevede (i) la riduzione al 50% del reddito imponibile (ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP) derivante dalle attività trasferite (ii) per l’anno del trasferimento e i 5 anni successivi.
Sono escluse dall’agevolazione le attività che sono state svolte in Italia, e poi trasferite all’estero, nei 24 mesi antecedenti il nuovo trasferimento in Italia.
È previsto un periodo di osservazione per l’eventuale recapture dell’agevolazione fruita qualora l’attività sia ritrasferita (in tutto o in parte) all’estero (i) durante il periodo di vigenza dell’agevolazione, o (ii) nei 5 periodi d’imposta (elevati a 10 in caso di grandi imprese) successivi alla scadenza del periodo agevolato.
In tal caso l’Amministrazione finanziaria italiana provvederà a recuperare a tassazione l’intero importo dell’agevolazione fruita (ossia delle minori imposte versate) maggiorata dei relativi interessi.
Infine, il contribuente beneficiario dell’agevolazione ha l’obbligo di mantenere separate evidenze contabili per consentire il corretto riscontro del reddito imponibile agevolabile.

Art. 8 e s.s.– Recepimento della Direttiva (UE) 2022/2523 del Consiglio, del 15 dicembre 2022 in materia di Imposizione Minima Globale

Il Decreto recepisce la Direttiva UE 2022/2523 in materia di tassazione minima effettiva delle grandi imprese multinazionali a livello globale, introducendo nell’ordinamento interno, a decorrere dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, la cd. “Global Minimum Tax”. Tale imposta risponde alla finalità di assicurare che i gruppi multinazionali siano soggetti a un livello impositivo minimo di almeno il 15% in relazione ai redditi prodotti in ogni Paese in cui operano.
Di seguito sono commentati alcuni aspetti dalla nuova imposizione.

Soggetti passivi (art. 10)

Soggetti passivi sono le imprese localizzate in Italia che fanno parte di un gruppo multinazionale o nazionale con ricavi complessivi annui pari o superiori a 750 milioni di euro, risultanti dal bilancio consolidato della controllante capogruppo in almeno due dei quattro esercizi immediatamente precedenti a quello considerato.

Oggetto dell’imposta (art. 9)

La Global Minimum Tax si articola in tre forme di imposta minima:

  • un’imposta minima integrativa (Iir – “Income inclusion rule”), ovvero l’imposta dovuta dalle imprese controllanti localizzate in Italia in relazione alle imprese del gruppo che scontano un’imposizione inferiore al 15% nel Paese in cui sono localizzate. Il meccanismo impositivo si caratterizza per una modalità dall’alto verso il basso in quanto prevede che l’Iir vada applicata dall’impresa nella posizione più elevata nella catena partecipativa (UPE – “Ultimate Parent Entity”) nel proprio Stato di residenza. Nel caso in cui la UPE sia residente in uno Stato che non adotta le regole GloBE (Global Anti-Base Erosion Model Rules), gli obblighi di versamento gravano sulla controllante di livello inferiore (IPE – “Intermediate Parent Company”);
  • un’imposta minima suppletiva (Utpr – “Undertaxed payments rule”), dovuta dalle imprese localizzate in Italia che fanno parte di un gruppo multinazionale in relazione alle imprese del gruppo che scontano un’imposizione inferiore al 15% nel Paese in cui sono localizzate e che entra in gioco solo quando l’imposizione integrativa non viene prelevata attraverso l’imposta minima integrativa, svolgendo quindi una funzione di salvaguardia del sistema (regola di backstop);
  • un’imposta minima nazionale (Qdmtt – “Qualified domestic minimum top-up tax”), che risulta dovuta qualora per le imprese di un gruppo, multinazionale o nazionale, che operano in Italia si determini una situazione tale per cui il tax rate effettivo si attesti al di sotto della misura consentita del 15% come tassazione minima. Si tratta di una facoltà prevista dalla Direttiva (che è stata applicata dall’Italia) per cui gli Stati possono introdurre un’imposta minima nazionale. In questo modo, è preservato il livello di imposizione minimo presso lo Stato della fonte, senza traslazione della riscossione in capo alla controllante.

Meccanismo di funzionamento della Global Minimum Tax (artt. 13-21)

Il meccanismo di funzionamento della Global Minimum Tax si articola in tre fasi secondo la seguente sequenza:
i. in primis, opera l’imposizione minima nazionale (Qdmtt) laddove una o più imprese facenti parte di un gruppo multinazionale o nazionale, localizzate in Italia, abbiano un’aliquota di imposizione effettiva inferiore al 15% (art. 18);
ii. successivamente, trova applicazione l’imposizione integrativa (Iir) da parte delle controllanti capogruppo (UPE) e delle partecipanti intermedie (IPE) localizzate in Italia, tenendo conto di quanto eventualmente prelevato dalle controllate attraverso una imposta minima nazionale (artt. 13-17);
iii. infine, è applicata l’imposizione integrativa suppletiva (Utpr) da parte delle imprese localizzate in Italia nelle ipotesi in cui l’imposizione integrativa dovuta in relazione alle imprese del gruppo soggette a bassa imposizione non è stata prelevata o lo è stata solo in parte dalla controllante capogruppo localizzata all’estero. L’allocazione dell’imposta integrativa suppletiva alle imprese localizzate in Italia avviene sulla base di una proporzione che tiene conto del valore dei fattori di produzione rappresentati da asset materiali e personale appartenenti a tutte le imprese del gruppo multinazionale (artt. 20-21).

Determinazione del reddito o della perdita rilevante (artt. 22-26)

Il reddito netto rilevante o la perdita netta rilevante di un’impresa si determina apportando all’utile o alla perdita netta contabile, determinata ai fini della predisposizione del bilancio consolidato dell’esercizio della controllante capogruppo e in conformità ai principi contabili utilizzati ai fini del bilancio consolidato, senza considerare le rettifiche da consolidamento relative alle operazioni infragruppo, specifiche variazioni in aumento e in diminuzione.

Determinazione delle imposte rilevanti rettificate (artt. 27-32)

Le imposte rilevanti rettificate di un’impresa corrispondono alle imposte correnti alle quali vanno apportate apposite variazioni in aumento e in diminuzione e a cui si sommano algebricamente: (a) le imposte anticipate e differite (a loro volta rettificate) e (b) gli incrementi o le riduzioni delle imposte rilevanti imputate direttamente al patrimonio netto o al prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo (se relative a componenti positive o negative incluse nel reddito o perdita rilevante e che concorrono alla base imponibile delle imposte rilevanti secondo le regole fiscali locali).

Determinazione dell’aliquota di imposizione effettiva (art. 33)

L’aliquota di imposizione effettiva di un gruppo multinazionale o nazionale di imprese, da calcolarsi separatamente per ogni esercizio e per ogni Paese di localizzazione, è pari al rapporto tra le imposte rilevanti rettificate del Paese e il relativo reddito netto rettificato. Le “imposte rilevanti rettificate del Paese” sono date dalla somma algebrica delle imposte rilevanti rettificate di tutte le imprese localizzate in quel Paese. Allo stesso modo, il “reddito netto rettificato del Paese” (o la relativa perdita) è dato dalla somma algebrica dei redditi (o delle perdite) rilevanti di tutte le imprese localizzate in quel Paese.

Determinazione dell’imposizione integrativa (art. 34)

Se il Paese risulta essere a bassa imposizione, in quanto presenta un’aliquota d’imposizione effettiva inferiore al 15%, è applicata la percentuale d’imposizione integrativa (i.e., differenza tra l’aliquota minima d’imposta del 15% e l’aliquota d’imposizione effettiva) ai profitti in eccesso prodotti in quel Paese. Al fine di determinare i profitti in eccesso, che costituiscono la base imponibile dell’imposizione integrativa da calcolare in relazione a ciascun Paese, il reddito netto rilevante del Paese è ridotto di un importo pari al reddito che il sistema permette di escludere in quanto derivante da un’attività economica sostanziale. La percentuale dell’imposizione integrativa viene quindi applicata a tale profitto in eccesso per calcolare l’imposizione integrativa riferita al Paese a bassa imposizione. L’importo dell’imposizione integrativa è tuttavia ridotto dell’imposta minima nazionale eventualmente dovuta nel Paese. L’imposizione integrativa così determinata è proporzionalmente allocata a ciascuna impresa localizzata nel Paese a bassa imposizione.

Riduzione da attività economica sostanziale (art. 35)

Il reddito netto rilevante per un dato Paese è ridotto, ai fini del calcolo dell’imposizione integrativa, di un importo pari al 5% (ma aliquote più alte e decrescenti sono previste nel periodo 2023-2032) della somma delle “spese salariali ammissibili” relative ai “dipendenti ammissibili” e delle “immobilizzazioni materiali ammissibili”. Il valore contabile delle “immobilizzazioni materiali ammissibili” corrisponde alla media del valore contabile all’inizio e alla fine dell’esercizio, quale registrato ai fini della predisposizione del bilancio consolidato della controllante capogruppo, eventualmente ridotto di svalutazioni, ammortamenti, perdite per riduzioni di valore accumulate ed eventualmente incrementato dell’importo imputabile alla capitalizzazione delle spese salariali.

Il Decreto prosegue (artt. 40-60) definendo una serie di norme speciali che trovano applicazione in caso di riorganizzazioni di imprese e società holding nonché di società soggette a regimi di neutralità o imposizione delle distribuzioni, e si conclude prevedendo una serie di disposizioni amministrative e transitorie per agevolare il passaggio all’applicazione delle nuove disposizioni.

Lo Studio rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti e approfondimenti necessari.

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