NEWSLETTER LEGAL APRILE 2025

Socio – Amministratore e doppia contribuzione

La Cassazione, con l’ordinanza n. 5318/2025 del 28 febbraio, ha chiarito una questione fondamentale per le S.r.l.: un socio-amministratore può essere anche dipendente della stessa società, ma la compatibilità tra le due figure va valutata caso per caso. Secondo i giudici, la qualità di socio-amministratore non è incompatibile con quella di lavoratore dipendente, ma tale compatibilità deve essere valutata concretamente, accertando il vincolo di subordinazione e le mansioni svolte. La Cassazione ribadisce che il compenso come amministratore è strettamente legato all’attività gestionale e di rappresentanza, mentre le altre prestazioni devono essere riconosciute come separate e giustificate da un contratto di lavoro distinto. Un aspetto fondamentale riguarda anche la doppia contribuzione previdenziale, che si applica nel caso in cui il socio-amministratore svolga attività oltre il mero ruolo gestionale. La sentenza chiarisce, dunque, che solo in presenza di mansioni “diverse” da quelle di amministratore, svolte in autonomia, può esserci diritto a una retribuzione distinta e una contribuzione separata.(Cassazione, ordinanza n. 5318/2025)

Conflitto d’interessi tra rappresentante legale e società nelle SRL unipersonali

Con la sentenza n. 10930/2025 del 19 marzo, la Cassazione ha chiarito che anche nelle S.r.l. unipersonali esiste un conflitto d’interessi tra il rappresentante legale e la società. La Corte ha respinto la richiesta di riesame avanzata dalla difesa di una società sotto indagine per reati tributari, chiarendo che anche nelle S.r.l. unipersonali, dove l’unico socio è anche amministratore, sussiste un conflitto d’interessi tra il rappresentante legale e la società. La Cassazione ha sottolineato che, sebbene la struttura della società possa sembrare simile a quella di una ditta individuale, essa resta un ente giuridico autonomo e distinto dalla persona fisica del socio. Pertanto, non è giustificata la commistione tra il ruolo di legale rappresentante e quello di socio per escludere il conflitto d’interessi. Inoltre, la Corte ha ribadito che il difensore nominato dal legale rappresentante non può presentare una richiesta di riesame nell’interesse dell’ente, quando lo stesso è imputato del reato che ha originato la responsabilità amministrativa della società.
(Cassazione, sentenza n. 10930/2025)

Responsabilità solidale per amministratori e periti

Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 4 luglio 2025, ha stabilito che, in caso di inadempimento da parte degli amministratori, anche soggetti che non ricoprono cariche sociali possono essere chiamati a rispondere in solido per i danni arrecati alla società. In particolare, la responsabilità si estende a coloro che, pur non essendo amministratori, hanno posto in essere condotte che hanno influito sulle decisioni degli stessi, causando danni al patrimonio della società. Un esempio riportato nella sentenza riguarda i periti-stimatori di auto d’epoca, che, pur non avendo funzioni amministrative, sono stati coinvolti per la loro condotta negligente nella vendita di beni sotto il valore di mercato. La responsabilità di questi “estranei” è valutata secondo i doveri di diligenza previsti dagli articoli 1176 e 1218 c.c. e non in base alla violazione dei doveri statutari o legali tipici degli amministratori. Inoltre, il Tribunale ha precisato che, mentre gli amministratori sono responsabili in solido per l’intero danno, la responsabilità dei periti è limitata in quanto il loro contributo al danno è stato considerato una mera partecipazione a un disegno già avallato dagli amministratori. 
(Tribunale di Milano, ordinanza del 4 luglio 2025)

 

Azione sociale di responsabilità e convocazione assembleare

Il Tribunale di Torino, nella sentenza n. 1798/2024, ha affrontato un tema cruciale per le società a responsabilità limitata (S.r.l.): l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità. In particolare, la Corte ha chiarito che, anche nel caso in cui l’amministratore unico detenga la maggioranza del capitale sociale (75%), è comunque necessaria una previa deliberazione assembleare per intraprendere un’azione di responsabilità nei confronti di un ex amministratore, anche se quest’ultimo è socio di minoranza con il 25% del capitale. La decisione del Tribunale si fonda sull’idea che, sebbene l’amministratore unico possa avere un ampio potere decisionale, non può agire in solitaria senza consultare l’assemblea, garantendo così che le decisioni significative per la società siano adottate in modo trasparente e conforme alle modalità previste dallo statuto. La mancata convocazione dell’assemblea e l’assunzione di decisioni unilaterali potrebbero comportare il rischio di soccombenza per la società, che rischia di dover affrontare una lite che, al contrario, potrebbe essere intrapresa autonomamente dal socio di maggioranza.
(Tribunale di Torino, sentenza n. 1798/2024)    

 

Clausola Statutaria di recesso ad nutum in SPA non quotata

La Cassazione, con la sentenza n. 2629 del 29 gennaio 2024, ha sancito la legittimità della clausola statutaria che prevede il cosiddetto “recesso ad nutum” in una società per azioni non quotata (S.p.A). Questo significa che un socio può recedere dalla società in qualsiasi momento, senza necessità di motivare la sua decisione. L’unica condizione imposta dalla Cassazione è che tale recesso sia soggetto a un congruo preavviso, la cui durata può essere stabilita liberamente dallo statuto (anche fino a un anno). La Corte ha annullato il precedente giudizio della Corte d’appello di Cagliari, che aveva dichiarato nullo un lodo arbitrale che aveva dichiarato la clausola di recesso ad nutum invalida. La sentenza ribadisce che, per le S.p.A non quotate, l’articolo 2437 c.c. consente la previsione di “ulteriori cause di recesso”, inclusa la possibilità di prevedere un recesso senza motivazione, che consente al socio di disinvestire le proprie azioni liberamente. 
(Cassazione, sentenza n. 2629 /2024)

 

Insolvenze transfrontaliere

Il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 14 del 26 gennaio 2024, fornisce importanti chiarimenti in tema di insolvenze transfrontaliere che coinvolgono società con sede in Italia e Paesi extra UE. In assenza di pronunce dalla Cassazione, i giudici bolognesi hanno applicato il criterio del “Centro principale degli interessi” (Comi) per determinare il luogo di apertura della procedura di insolvenza, estendendo tale principio anche a società non UE. In particolare, il Tribunale ha chiarito che, anche qualora sia già stata avviata una procedura di insolvenza in un Paese straniero, il tribunale italiano ha la facoltà di aprire una liquidazione giudiziale autonoma, che non dipende dalla procedura estera. Questa liquidazione, infatti, ha una portata universale e coinvolge tutti i beni del debitore, con l’obiettivo di tutelare i creditori in modo equilibrato e coerente. Il caso esaminato riguardava una società italiana sottoposta ad amministrazione straordinaria, la quale aveva trasferito parte degli asset e del marchio a una consociata nel Regno Unito. I creditori italiani avevano richiesto l’apertura della liquidazione giudiziale in Italia, nonostante un procedimento parallelo fosse pendente in Inghilterra. Il Tribunale ha rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione, evidenziando che, secondo i principi internazionalistici e l’esperienza giuridica consolidata, il Comi deve prevalere come criterio fondamentale per stabilire la giurisdizione, anche in assenza di applicabilità diretta del regolamento UE 2015/848 post-Brexit. Una conferma importante è che il principio di universale applicazione del Comi e la possibilità di controprova rispetto alla presunzione di coincidenza tra sede legale e centro di interessi effettivo sono criteri che il giudice deve attentamente valutare, sulla base degli elementi concreti relativi alla gestione effettiva dell’attività economica, come nel caso di Bologna, dove la gestione delle operazioni aziendali e la produzione avvenivano sul territorio italiano.

Questo provvedimento, pur essendo applicabile al caso specifico, fornisce indicazioni generali utili per le future controversie in ambito transfrontaliero, confermando l’importanza di una visione globale e universale nelle procedure di insolvenza internazionale.
 (Tribunale di Bologna, sentenza n. 14/2024)

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