Nessun mark up per i servizi “pass through”

da Verbena Caravella | Giu 29, 2021 | Blog

Sai cosa sono i servizi a basso valore aggiunto nell’ambito della disciplina sui prezzi di trasferimento?

Le Linee Guida OCSE (“OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations” – “Linee Guida”) pubblicate a luglio 2017 definiscono i servizi a basso valore aggiunto (“low value added services”) come quelle attività svolte da una o più entità di un gruppo multinazionale per conto delle consociate, aventi natura di supporto, non rientranti nel core business del gruppo e che non comportano l’utilizzo di beni immateriali unici né l’assunzione o la gestione di rischi significativi nell’ambito delle operazioni.

 

Il “simplified approach” per la remunerazione dei servizi low value added

Il paragrafo 7.49 delle Linee Guida, i cui contenuti sono stati implementati dal legislatore italiano nell’art. 7 del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 14 maggio 2018, stabilisce quale criterio di remunerazione dei servizi a basso valore aggiunto la valorizzazione al costo ricaricato di una percentuale di mark up non superiore al 5%. Ne consegue che per tali tipologie di servizi, il principio del valore di libera concorrenza (i.e., arm’s length principle) si considera rispettato laddove la società prestatrice abbia riaddebitato alla/e entità beneficiaria/e importi calcolati secondo il metodo del cost plus mark up 5%, senza necessità di predisporre un’apposita analisi di benchmark.

 

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Come valutare i riaddebiti infragruppo “al costo” senza applicazione di mark up?

Il principio cardine del transfer pricing, su cui si sviluppa tutta la disciplina contenuta nelle Linee Guida, è costituito dalla remunerazione delle operazioni intercorse tra parti correlate alle condizioni economiche che sarebbero state pattuite tra soggetti indipendenti. Tale principio trova espressione nell’articolo 9 del Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni e, sotto il profilo della normativa nazionale, nell’articolo 110, comma 7 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

Peraltro, in alcune circostanze le imprese multinazionali – principalmente le entità operanti come holding all’interno del gruppo – potrebbero adottare politiche di prezzi di trasferimento che prevedono il riaddebito dei costi sostenuti dalla società prestatrice del servizio alla società beneficiaria senza applicazione di alcun ricarico.

Le Linee Guida non offrono soluzioni espresse a riguardo, lasciando la strada aperta ad interpretazioni possibilmente discordanti. La conseguenza, dal punto di vista operativo, è rappresentata dal rischio che in fase di accertamento l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’applicazione di una politica di prezzi di trasferimento non conforme con il principio di libera concorrenza, in particolare nel caso in cui la società italiana operi nell’ambito della transazione infragruppo in qualità di prestatrice del servizio. In questo caso, il riaddebito alle società beneficiarie del costo del servizio senza applicazione di mark up potrebbe essere qualificato dai verificatori come operazione diretta a registrare in Italia un livello inferiore di profitto, con conseguente erosione della base imponibile e ripresa a tassazione ex art. 110, comma 7.

 

I chiarimenti della CTR Lombardia (sentenza 1373/3/2021)

I giudici della Commissione Regionale Lombardia si sono recentemente pronunciati sul tema, con sentenza pro-contribuente, riformando la decisione emessa dai giudici di primo grado che aveva confermato la legittimità degli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate sulla base della violazione dell’art. 110, comma 7.

Nel caso di specie, la società italiana prestava servizi ad entità correlate riaddebitando i costi sostenuti per l’acquisto di tali servizi da providers indipendenti esterni al gruppo, senza applicare alcuna percentuale di ricarico per l’attività di intermediazione svolta a favore delle società estere beneficiarie.

La Commissione ha evidenziato che i servizi prestati in modo indiretto – ossia avvalendosi di fornitori terzi – si qualificano come attività che generano costi “pass through”, esulando dunque dalle logiche dei prezzi di trasferimento. Ne consegue, che il riaddebito al “costo” da parte della società italiana non costituisce una pratica fiscale scorretta e difforme dal principio di libera concorrenza espresso dall’art. 110, comma 7, risultando in definitiva infondati i rilievi sollevati dai verificatori e posti a fondamento degli atti impositivi di ripresa a tassazione.

 

Considerazioni conclusive

Per quanto attiene i servizi “non mediati”, ossia i servizi prestati direttamente da una società del gruppo attraverso l’utilizzo di risorse (umane e materiali) proprie, ad oggi nessun chiarimento è stato fornito in merito alle circostanze che potrebbero giustificare il riaddebito dei costi privo di mark up. In linea generale, se è vero che nel libero mercato un’impresa indipendente richiederebbe sempre per la prestazione dei servizi un’adeguata remunerazione, bisogna anche tener conto di particolari condizioni che influenzano le logiche di gruppo e che trovano giustificazione in ragioni di carattere extra-fiscale. In particolare, ci si riferisce alle difficoltà economiche che una o più entità appartenenti al gruppo potrebbero aver sperimentato nel periodo Covid-19 ed alle politiche intraprese dalle entità controllanti per attutire gli effetti del ciclo economico negativo, tra cui potrebbe rientrare la sospensione, almeno temporanea, dell’applicazione del ricarico sui costi per servizi infragruppo.

 

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