INFOFLASH TAX N. 2 DICEMBRE 2020

da LDP | Dic 9, 2020 | infoflash

IL VACCINO IN AZIENDA NON È TASSABILE

 

Il rimborso della spesa sostenuta dal lavoratore per vaccinarsi non costituisce un compenso (bene o servizio) in natura e, pertanto, lo stesso non rientrerà nella franchigia di 258,23 euro.

La similitudine dei sintomi da Coronavirus con la sindrome influenzale e la considerazione che, anche nell’ambito aziendale, possa essere opportuno effettuare “diagnosi differenziali” per evitare focolai Covid spinge molti datori di lavoro a mettere a disposizione dei propri dipendenti un servizio gratuito per la vaccinazione antinfluenzale. Il valore del servizio di vaccinazione non costituisce reddito per i dipendenti. Infatti, anche se tali iniziative possono portare un beneficio indiretto ai dipendenti, non arricchiscono i lavoratori e sono messe a loro disposizione anche e soprattutto nel “prevalente” interesse aziendale (circolare 20 dicembre 2013, n. 37/E).

La non imponibilità del servizio di vaccinazione offerto a tutti i dipendente, nei locali aziendali o presso centri convenzionati, è prevista dall’articolo 51, comma 2, lettera f) del Tuir in base al quale viene escluso dal reddito (e, pertanto non è soggetto a imposte e contributi) «l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100» vale a dire per le finalità di educazione, istruzione, assistenza sociale, sanitaria e culto.

Inoltre, è escluso da imposizione anche il servizio di vaccinazione fornito ai familiari (articolo 433 del Codice civile) a prescindere dalla condizione di familiare a carico, dalla convivenza con il dipendente e dalla percezione di assegni alimentari giudiziaria.

Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro rimborsi invece solo la spesa per la vaccinazione antinfluenzale direttamente sostenuta dai dipendenti la “gestione” fiscale risulta più articolata. Infatti, a seguito dell’applicazione del principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente in base al quale costituiscono reddito anche i rimborsi che il lavoratore riceve in ragione del suo status di dipendente, in mancanza di norme specifiche di esclusione, il rimborso delle spese sanitarie costituisce reddito.

Nell’ipotesi in cui il rimborso della spesa sanitaria avvenga in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali, poiché si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate se il rimborso ha, comunque, concorso a formare il reddito del dipendente, allo stesso è riconosciuto il diritto alla detrazione di cui all’articolo 15, comma, lettera c) del Tuir in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto (circolare 326 del 23 dicembre 1997 e risoluzione 285 del 19 luglio 2019).

Il rimborso della spesa sostenuta dal lavoratore per vaccinarsi non costituisce un compenso (bene o servizio) in natura e, pertanto, lo stesso non rientrerà nella franchigia di 258,23 euro (raddoppiata per il 2020 a 516,46 euro) ex articolo 51, comma 3 del Tuir. Tuttavia, per utilizzare la franchigia il datore di lavoro potrebbe valutare di mettere a disposizione di tutti i dipendenti voucher attivabili presso più di un operatore sanitario che diano diritto al servizio di vaccinazione antinfluenzale.

I costi sostenuti dal datore di lavoro per la messa a disposizione del servizio di vaccinazione per tutti i dipendenti sono integralmente deducibili (articolo 95 del Tuir) in tutte le ipotesi in cui tale iniziativa consegua da un obbligo negoziale, mentre saranno deducibili solo nel limite del 5 per mille (articolo 100, comma 1, Tuir) quando l’iniziativa è assunta volontariamente. Infine, sarà interamente deducibile, ex articolo 95, anche il rimborso del costo per la vaccinazione sostenuto dal dipendente.

 

LDP rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.

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