In fase di recepimento della Direttiva UE n.2016/1164 (c.d. Direttiva ATAD), nell’adeguare la normativa italiana alle disposizioni unionali, con il D.Lgs. n. 142/2018, il legislatore ha riformato l’intera disciplina sulle Controlled Foreign Companies (o CFC), anche nell’ottica di ridurre la complessità del relativo meccanismo applicativo.
Quali sono le modifiche apportate e le differenze rispetto alla previgente disciplina?
Sappiamo che il legislatore ha cercato di mantenere un certo “equilibrio” tra le esigenze di semplificazione della disciplina, previste dalla Direttiva ATAD, e la necessità di conservare la normativa italiana già esistente. Ad ogni buon conto, le novità apportate sono di impatto rilevante per tutti i gruppi internazionali interessati e coinvolti nella mappatura delle controllate residenti all’estero.
Rispetto alle modifiche introdotte, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti nella circolare 18/E e nel Provvedimento attuativo, entrambi del 27 dicembre 2021.
Le novità in ambito soggettivo
In linea con la previgente normativa, il legislatore ha mantenuto l’applicazione della disciplina CFC nei confronti dei soggetti residenti indipendentemente dalla forma giuridica assunta (persone fisiche, società di persone e società di capitali). La novità riguarda l’estensione nei confronti delle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, che controllano soggetti non residenti (quindi, di fatto, relativa alle partecipazioni nella controllata estera che fanno parte del patrimonio della stabile organizzazione).
Il concetto di “controllo” si amplia inoltre comprendendo, oltre a quanto stabilito dall’articolo 2359 del codice civile, anche la detenzione, diretta o indiretta, della quota di partecipazione agli utili per oltre il 50 per cento, “mediante una o più società controllate […]”.
Oltre a quanto sopra, la nuova normativa include tra le fattispecie di soggetti controllati non residenti anche le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti controllati esteri, nonché le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti residenti per le quali è stata effettuata l’opzione per la branch exemption.
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Le semplificazioni sull’applicazione della disciplina CFC
In questo versante, viene abolita la distinzione, prevista dalla vecchia normativa, tra controllate residenti fuori dell’UE (e rispondenti ai requisiti black list, ossia con livello nominale di tassazione inferiore al 50% di quello italiano) dalle controllate ovunque residenti ma percipienti passive income per più del 50% dei proventi e con tassazione inferiore della metà di quella italiana.
Per la nuova normativa esiste una sola tipologia di CFC rappresentata da un soggetto ovunque residente (Ue/Extra-UE), alla quale si applica la disciplina solo se sono verificati, congiuntamente i seguenti requisiti:
- la tassazione effettiva risulta inferiore alla metà di quella a cui la controllata estera sarebbe stata soggetta qualora residente in Italia (operando quindi un confronto tra il “tax rate effettivo estero” e il “tax rate virtuale domestico”);
- oltre un terzo dei proventi è riferibile a passive incomes.
Un importante chiarimento indicato nella Circolare delle Entrate n. 18/2021 (che rappresenta una modifica rispetto alla disciplina ante-riforma), è legata al calcolo della tassazione virtuale italiana: a questo fine rileva solo la determinazione dell’IRES, e pertanto, a differenza di quanto avveniva prima del recepimento della direttiva ATAD, non si tiene più conto di eventuali addizionali, né dell’IRAP.
Le novità legate alle situazioni di esclusione dalla disciplina
Rispetto alla formulazione precedente, sono state eliminate le due circostanze esimenti[1] per le quali la disciplina non trovava applicazione. Al loro posto, si è introdotta una unica circostanza che permette l’esenzione dalla normativa dimostrando lo svolgimento di un’attività economica effettiva mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. Il contribuente può dimostrarlo in via preventiva, attraverso l’interpello facoltativo, o successivamente, in occasione di controllo.
La determinazione dei redditi del soggetto controllato
La novità rilevante riguarda le specificazioni introdotte sulla determinazione del reddito del soggetto controllato non residente: al lato di applicare le regole di determinazione del reddito ai fini IRES (già precedentemente previste), è stata specificata la non applicazione delle disposizioni riguardanti le società di comodo, le società in perdita sistematica, gli studi di settore, l’aiuto alla crescita economica (ACE) e la rateizzazione delle plusvalenze.
Conclusioni
Le novità introdotte sono certamente molto interessanti e di notevole supporto alle attività di controllo svolte dalle società controllanti di gruppi multinazionali. Il legislatore ha compiuto un passo avanti molto importante, anche grazie alla spinta della Unione Europea, che gli operatori del settore hanno accolto con favore. Analizzeremo nel corso di altri interventi, le ulteriori fattispecie applicative di questa disciplina.
[1] Le circostanze esimenti previste erano riconducibili, per le CFC extra Ue, allo svolgimento di un’effettiva attività industriale o commerciale, come principale attività, nel mercato di insediamento e al non conseguire l’effetto di localizzare i redditi in Stati a fiscalità privilegiata. Per le CFC ovunque residenti ma con passive income, al fatto che l’insediamento all’estero non rappresenti una costruzione artificiosa.