Cessione d’azienda: cambia il perimetro della responsabilità del cessionario in assenza del certificato ex Art. 14?

da Alberto Allegra | Lug 14, 2021 | Blog

L’ordinanza n. 18117 del 24 giugno 2021 della Cassazione consente di tornare a riflettere sulla responsabilità del cessionario d’azienda, per debiti tributari del cedente. Essa, infatti, ne delinea due diversi ambiti di applicazione, la cui estensione (minore o maggiore) dipenderebbe rispettivamente dalla richiesta o meno del certificato previsto dall’art. 14 del D. Lgs. n. 472/1997.

 

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Responsabilità tributaria del cessionario d’azienda per debiti d’imposta del cedente

Tale regime è disciplinato dall’articolo 14 del D. Lgs. n. 472/1997 (nel seguito “Art. 14”), che distingue una responsabilità solidale, sussidiaria e limitata (commi da 1 a 3) in caso di trasferimento lecito e una responsabilità solidale e illimitata per operazioni compiute invece in frode al fisco (commi 4 e 5).

La prima fattispecie (oggetto del presente intervento e della richiamata ordinanza) prevede una responsabilità del cessionario d’azienda così circoscritta:

  1. ai debiti tributari del cedente, che si riferiscono a violazioni commesse nel periodo di imposta in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché a quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo (inclusi i PVC non ancora notificati ma per i quali è chiusa la verifica), a prescindere dal periodo di imposta in cui sono state commesse (limite temporale),
  2. nel limite del valore dell’azienda o del ramo d’azienda trasferito (limite di valore),
  3. salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente (limite procedurale) (cfr. comma 1),
  4. per l’ammontare di debito che risulta dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria, alla data del trasferimento (limite quantitativo) (cfr. comma 2).

Dal tenore letterale dei primi due commi sembra che il cessionario sia responsabile solo per il debito del cedente “risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria” (comma 2) e non, genericamente, a tutti quelli che si riferiscono al periodo di imposta della cessione (comma 1).

 

La “Certificazione dell’esistenza di contestazioni in caso di cessione d’azienda” ex Art. 14

Per conoscere tale debito, il terzo comma prevede che gli uffici dell’Amministrazione finanziaria devono rilasciare, su richiesta del cedente o cessionario, un certificato che evidenzi (i) i debiti cristallizzati ma non ancora soddisfatti dal dante causa, (ii) le contestazioni pendenti ma ancora definite tra quest’ultimo e l’Erario, (iii) la constatazione di violazioni (i PVC) che non sono ancora state formalizzate in un avviso di accertamento o in una ingiunzione di pagamento. Si tratta, in sostanza, della prova della potenziale esposizione debitoria complessiva, come risulta “dagli atti degli uffici” dell’Amministrazione.

Nel caso in cui non emergano pendenze o contestazioni dal certificato, esso avrà “pieno effetto liberatorio del cessionario”. Lo stesso effetto si ottiene se l’Agenzia delle Entrate non emetta il certificato nel termine di quaranta giorni dalla data dell’avvenuta richiesta (comma 3).

L’ordinanza in commento descrive gli effetti sulla responsabilità del cessionario, qualora non chieda il certificato di cui all’Art. 14, comma 3.

 

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L’ordinanza n. 18117 del 24 giugno 2021

Nel caso in esame, la società cessionaria acquistava l’azienda nell’anno 2006, senza richiedere il certificato di cui all’Art. 14. Le venivano notificate cartelle di pagamento per debiti della cedente relativi sì al precedente triennio (ossia all’anno 2004), ma accertati dopo la cessione, ossia nel 2007.

La società eccepiva, quindi, il mancato presupposto della responsabilità ex Art. 14, costituito dal fatto che il debito doveva risultare “dagli atti degli uffici dell’amministratore finanziaria“, “alla data del trasferimento“, mentre tale debito non risultava da alcun atto dell’Ufficio alla data del trasferimento del ramo d’azienda.

La Suprema Corte, investita del caso, premettendo (i) la natura speciale dell’Art. 14 rispetto all’art. 2560 c.c., comma 2 e (ii) una sua asserita “caratteristica antielusiva”, ha ritenuto di dover estendere la responsabilità solidale del cessionario anche alle a violazioni “commesse” nel triennio, sebbene “accertate” in data successiva al trasferimento d’azienda.

Infatti, ha giudicato che per poter limitare la propria responsabilità sino alla “data di trasferimento”, il cessionario ha l’onere di richiedere il certificato ex Art. 14; al contrario, “Se, invece il cessionario non ottempera a tale diligente condotta ne deriva una sorta di “responsabilità oggettiva”, “in bianco”, dello stesso cessionario, con riferimento a tutti i debiti fiscali del cedente relativi al “triennio” anteriore alla cessione, anche se al momento della cessione ancora incerti nell’an, ancorandosi tale responsabilità proprio alla condotta omissiva del contribuente”.

La Suprema Corte ha, quindi, concluso che l’Art. 14 contemplerebbe due distinte ipotesi di responsabilità solidale lecita: la prima, prevista dal comma 1, per imposte e sanzioni riferibili a violazioni già contestate oppure “commesse” nel triennio a prescindere da quando contestate (quindi anche successivamente alla data di cessione dell’azienda) ; la seconda circoscritta ai soli debiti che risultano dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria, alla data del trasferimento dell’azienda, ma solo se il cessionario “abbia preventivamente comunicato l’operazione di cessione di azienda agli uffici finanziari, con richiesta specifica di certificazione della posizione debitoria del cedente” (commi 2 e 3).

 

Considerazioni

Le conclusioni raggiunte dalla Suprema Corte non sembrano condivisibili, per i seguenti motivi:

  1. dal punto di vista letterale, il testo dell’Art. 14 non pone alcun un onere o obbligo a carico del cessionario: il comma 1 individua in termini astratti le violazioni ed i relativi periodi di imposta, compreso ovviamente anche quello in cui avviene la cessione, per cui il cessionario può essere responsabile solidalmente col cessionario; il comma 2 circoscrive incondizionatamente l’oggetto di tale responsabilitàal debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria”;
  2. dal punto di vista teleologico, la richiesta del certificato appare come una facoltà del cessionario (che può ottenere una fotografia del potenziale debito di cui sarà responsabile) a cui invece corrisponde un vero e proprio obbligo dell’Amministrazione: ciò è confermato dal pieno effetto liberatorio che la mancata emissione, entro 40 giorni dalla richiesta, produce;
  3. inoltre, prevedere due diverse estensioni della responsabilità del cessionario in funzione della richiesta del certificato e del rispetto di un asserito onere di diligenza non risponde alla tutela di alcun interesse erariale, ma probabilmente contrasta col principio costituzionale di uguaglianza;
  4. da un punto di vista sistematico, come nell’articolo 2560 del Codice Civile le scritture contabili hanno effetto costitutivo dei debiti di natura civilistica, di cui risponde solidalmente il cessionario, così, parallelamente, lo stesso effetto costitutivo del debito tributario trasferito deve essere riconosciuto agli “atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria, che ne sono il presupposto, e non al certificato ex 14, che è solo una fotografia del debito portato da questi stessi atti.

 

Conclusioni

Se questa è la posizione di parte della giurisprudenza (contra infatti Cass. Civ. Sent. n. 17264 del 13 luglio 2017), si ritiene che vi siano valide ragioni per dissentire sulla presenza di un siffatto onere in capo al cessionario e che il perimetro della sua responsabilità dovrebbe essere limitato al debito che emerge dagli atti dell’Amministrazione finanziaria, non oltre il momento della cessione.

Queste considerazioni consentono di precisare la posizione assunta nel precedente scritto, in cui si diceva che sarebbe onere del contribuente richiedere il certificato ex art. 14, per beneficiare della limitazione alle contestazioni già mosse al cedente d’azienda e risultanti dagli atti dell’amministrazione finanziaria al momento del trasferimento.

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