Sai cosa è il Benefit Test nel contesto dei servizi infragruppo?
Le Linee Guida OCSE (“OECD Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations”) pubblicate a luglio 2017, hanno introdotto in relazione alla prestazione di servizi infragruppo il c.d. “benefit test”, stabilendo che l’attività svolta dal prestatore deve essere valutata sulla base dell’effettivo vantaggio conseguito dal beneficiario, ovvero considerando il miglioramento della posizione economica o commerciale di quest’ultimo. A tal fine è essenziale verificare se un’impresa indipendente, operante in circostanze di mercato similari, avrebbe corrisposto una remunerazione allineata al corrispettivo riconosciuto dal beneficiario della prestazione infragruppo alla controparte correlata.
La deducibilità dei costi nella normativa italiana
L’articolo 109 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (“TUIR”) stabilisce che ai fini della deducibilità, i costi devono rispettare i due requisiti dell’esistenza e dell’inerenza. Se la prova dell’esistenza del costo può essere fornita attraverso la documentazione contabile, la prova dell’inerenza risulta più complessa, dovendo il contribuente dimostrare che i costi si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono alla formazione del reddito di impresa. La normativa italiana necessita di essere interpretata sulla base dei nuovi principi elaborati dall’OCSE, nella misura in cui l’inerenza del costo deve essere valutata sulla base dell’effettiva utilità, riscontrabile anche attraverso parametri diversi ed ulteriori rispetto all’incremento reddituale.
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La deducibilità delle royalties: l’orientamento della Cassazione
Le royalties pagate quale corrispettivo della concessione in licenza di beni intangibili (e.g., know-how industriale, marchi, brevetti, etc.) rientrano tra i costi deducibili ai sensi dell’art. 109 TUIR. Tuttavia, il beneficio realizzato dal licenziatario potrebbe essere non riscontrabile nel breve periodo, soprattutto se il criterio di valutazione dell’utilità economica è rappresentato dall’incremento della profittabilità dell’impresa.
La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata su di un caso avente ad oggetto il pagamento di royalties da parte della controllata italiana a favore della casa-madre, quale corrispettivo della cessione del know-how per la fabbricazione e la distribuzione di motoveicoli. Dopo aver affermato che non è sufficiente ai fini della prova dell’inerenza, l’allegazione da parte del contribuente del contratto infragruppo corredato dalle fatture passive, la Corte pone a carico del contribuente l’onere di provare l’utilità effettiva o potenziale conseguita dall’entità beneficiaria del servizio e rappresentata dal canone.
Considerazioni conclusive
Sebbene nella sentenza in commento la Cassazione abbia disconosciuto la sufficienza del materiale probatorio allegato dal contribuente, alcuni passaggi della motivazione fornita dai giudici evidenziano, anche attraverso rinvii a precedenti sentenze, una apertura verso un’interpretazione del criterio di inerenza maggiormente in linea con il parametro del “benefit test” raccomandato dall’OCSE.
Si osserva che i giudici superano il parametro valutativo rappresentato dal rapporto diretto tra costo e incremento del reddito, esprimendosi in termini di utilità obiettivamente determinabile.
Sulla base di tale orientamento, dovrebbe ritenersi assolto l’onere probatorio da parte del contribuente il quale dimostri che la corresponsione del costo determinerà un beneficio riscontrabile nel medio-lungo periodo in termini di incremento qualitativo dei processi produttivi, di consolidamento della posizione sul mercato locale o di ampliamento del portafoglio prodotti. Elementi questi ultimi che pur non producendo un attuale incremento della redditività costituiscono condizioni oggettivamente valutabili del miglioramento della posizione economica.